martedì 23 dicembre 2008

Tanti Auguri a tutti...!




Carissimi amici che ci seguite durante l'anno, carissimi conoscenti che ci leggete di tanto in tanto, carissimi sconosciuti che capitate qui per caso...
BUON NATALE E BUON ANNO NUOVO !

Vi auguriamo di tutto cuore un sereno e felice Natale ed un anno nuovo pieno di importanti soddisfazioni.

Melmo Staff.



P.s.il blog si prende un po' di giorni di meritate ferie.
Ci si rivede lunedi 12 Gennaio.

lunedì 22 dicembre 2008

Natale a casa di Emanuela...

2 dicembre 2008 - Aeroporto Leonardo da Vinci - Roma Fiumicino – ore 10.00

Sono in piedi dalle 3.00.
Ho appena fatto colazione con un arancino ed una spremuta d'arancia fresca.
Sto aspettando di partire per Cagliari; il mio volo era alle 9.45.
Hanno appena annunciato un'altra ora di ritardo: “risoluzione di problemi tecnici all'aeromobile” hanno detto.
Dicembre è appena iniziato, ma, in questo contesto, io riesco solo a pensare al Natale, all'atmosfera delle feste, alla tranquillità delle vacanze quando fuori la temperatura è prossima allo zero e tu indugi sotto le coperte al caldo e fai pensieri tipo “chissà la faccia di Gabri quando vedrà quello che gli ho comprato!” oppure “sai che bel sorriso illuminerà il viso dei miei per la sorpresa che ho preparato...” e poi ho in mente le lucine degli addobbi delle città e soprattutto le cose buone che andrò a mangiare...e soprattutto il pranzo di Natale a casa dei miei genitori.
Ho pensato, anche se non è proprio ancora Natale, di darvi un assaggino del “pranzo tipo” del 25 dicembre della mia famiglia. Quando siamo tutti tutti, siamo 20 persone – non tantissime, ma nemmeno così poche! Iniziamo ad inventare il menù un paio di mesi prima – pur confermando alcuni punti fermi che a Natale non possono certo mancare – e allora “questo primo non si abbina con questo secondo”; “le castagne e le mele insieme all'arrosto non piacciono a tutti”; “quest'anno voglio fare il bollito con tutte le salse (questa è mia mamma)” “nooooo, e dai piace solo a te, ma se po' mangia' il bollito a Natale?!?!? (questi sono mio padre e mio fratello)”...e così via.
Questi sono alcuni momenti dei preparativi dello scorso anno.


Queste siamo mia mamma, mia nonna paterna ed io che facciamo i cappelletti.


E questo è il risultato: primo piatto di apertura tradizionale: Cappelletti in brodo di Cappone


Questo è mio padre che soddisfatto mostra il risultato del secondo primo che presenteremo...cos'è si capisce, ma ve lo dico dopo.


Questa è la tavola apparecchiata il giorno di Natale.
L'anno scorso solo 13 persone...


Si apre il pasto con una serie di antipasti. Questo è uno di quelli serviti lo scorso anno: zuppa di legumi in cestino di parmigiano.
Per aperitivo, assieme ad alcuni rustici abbiamo servito l'Earl Grey Martini di cui vi ho già parlato.


Ecco il secondo primo: Vincesgrassi della tradizione marchigiana.


Ecco uno dei secondi che, se non ricorso male, era un brasato.


Uno dei contorni: fantasia di insalata con due salsine (una salsa verde e l'altra non me la ricordo); sullo sfondo si vedono le verdure al vapore che erano l'altro contorno.


Altro secondo: mi sembra che fosse arista di maiale al forno con crema di patate di contorno


Accanto poi ai tradizionali dolci natalizi come il pandoro e il panettone scaldati e accompagnati da alcune salse (crema pasticcera, crema chantilly e crema al mascarpone), ai torroni, alla frutta secca e fresca, in genere prepariamo un dolcetto un po' particolare.
Questa qua è una torta al cioccolato e te' earl grey fiore blu che ho preparato io.
L'abbiamo servita con frutta fresca e panna montata e accompagnata con alcuni te' di Natale che avevamo preso al negozio della mia amica Fabiola.

p.s. La foto che segue è per far vedere che quando si fanno queste cose, la produzione viene fatta in quantità, così che per le degustazioni non ci si limita solo a Natale.




p.p.s. Ho dimenticato di fotografare i vini in abbinamento.....è che per servire e preparare tutte queste cose serve tempo e l'addetta ai vini non ero io – che aiutavo mia mamma in cucina – ma il mio maritino che – come potete immaginare – ha fatto onore a tutto quanto!

AUGURI DI CUORE A TUTTI!!

Emanuela.

venerdì 19 dicembre 2008

Nobile di Montepulciano cantina Avignonesi.

Qualche anno fa quando cominciammo a bere insieme con Bob, lui era un grandissimo appassionato di Nobile di Montepulciano al contrario di me che tutto sommato lo consideravo, a torto o a ragione non so, un fratellastro povero dei grandi vini toscani.
Piu’ di una volta abbiamo organizzato serate in cui il protagonista era proprio lui…il grande Nobile.
Svuotavamo scaffali di supermercati, stand di enoteche e stressavamo corrieri sconosciuti, ma sacri solo perché ci avrebbero portato il nostro vino in tempo.
Dunque da quelle serate mi è rimasta la passione per il Nobile di Muntepulciano Avignonesi, che in quelle sere finiva sempre per diventare il vincitore a mani basse e ai pieni voti.


Però…non so perché….avverto sempre intorno a questo vino una certa diffidenza.
Secondo me sbagliata.
Il Nobile Avignonesi 2001 è un buon vino.
Colpisce il bel color rubino cupo e i profumi intensi e complessi che sprigiona al naso.
In bocca il tannino è persistente, ma elegante.
Al naso soprattutto caffee e pepe nero.
Da sottolineare la persistenza e il suo essere beverino…non ti stanca neanche al terzo bicchiere !

Il prezzo in enoteca sfiora i 20 euro e lo trovo giusto.
Buon rapporto qualità\prezzo.


Marco.

giovedì 18 dicembre 2008

Azienda agricola Mancinelli.

La sede dell'azienda agricola Stefano Mancinelli si trova nel comune di Morro D'Alba, in provincia di Ancona, in via Roma 62.
Quando sabato 8 novembre di prima mattina la visitiamo la scorgiamo completamente a lavoro pur trattandosi di un prefestivo.


Il titolare non c'è (mannaggia...!) perché è impegnato a ritirare uno dei tanti premi che i suoi vini vincono durante l'anno.
C'è fermento anche nell'adiacente frantoio che è parte integrante dell'azienda e che fa si che ci sia un profumo in tutta la zona davvero apprezzabile.
Profumo di sapori antichi, profumo di genuinità che rimanda a vecchi film in bianco e nero o a qualche ricetta della nonna.
La signora che ci accoglie all'entrata ci fa degustare i vini dell'azienda con molta cortesia ed attenzione.
Prima ci da qualche cenno sull'azienda.
I vigneti e gli oliveti dell'azienda sono per intero sulle colline di Morro D'Alba a circa una dozzina di chilometri dal mare.
La superficie dell'azienda dovrebbe agirarsi, centimetro più', centimetro meno sui 60 ettari e quasi per la metà è adibita a vigneti che sono specializzati per la produzione di vini D.O.C.


Essi sono il Verdicchio dei castelli di Jesi classico e la Lacrima di Morro D'Alba.
La signora che c'introduce ai prodotti dell'azienda ci dice che per migliorare la qualità delle produzioni, la quantità delle uve viene limitata nella fase della potatura secca e con un diradamento del frutto nel momento dell'invaiatura.
La stessa vendemmia, allo stesso fine, avviene sempre con molteplici passaggi, ciò per selezionare ulteriormente la qualità del prodotto.

Veniamo agli assaggi.
Il primo calice che ci viene offerto è il novello Mancinelli.
Su questo preferirei sorvolare.
Diciamo che come tutti i novelli non è proprio vino, anche se questo almeno salva la faccia con un profumo unico al mondo e che non avevo mai apprezzato in un novello.
Il secondo assaggio è la Lacrima di Morro d'Alba classica , anno 2007.
Molto intenso e originale al naso, ma tutto il resto un po' così...insomma diciamo indefinibile.



Sul terzo assaggio si comincia a fare sul serio: Mancinelli Superiore anno 2006.
Un buon vino con profumi e palato caratteristici.Visto l'ambiente non proprio caldo dove viene tenuto, il sospetto che ci coglie è che sia un po' troppo freddo.
Comunque un vino che va assaggiato per conoscere meglio questo vitigno autoctono e perché ha un ottimo rapporto qualità\prezzo: solo 9.20 euro alla bottiglia.

L'assaggio che invece ci da più' problemi è quello della riserva:Terre dei Goti.
Qui lo schieramento è subito chiaro.
Io e Bob (detto Andrea...!)non riusciamo a trovare parole d'apprezzamento per questo prodotto.
Straripante al naso d'accordo, ma poca concentrazione in bocca e eccessivamente corto il finale.
Marco, aborigeno del posto e con più' assaggi del medesimo prodotto, è invece più' ben disposto.
Non che sia cattivo...anzi, però da una riserva ci si aspetta sempre qualcosa di più'.E quel qualcosa di più', almeno io e Bob non lo troviamo.
Marco, lo Jesino, solleva di nuovo il dubbio che la temperatura di servizio possa essere troppo bassa.
Altro dubbio che rimane è quello sul prezzo: più' di 24 euro per una bottiglia di riserva di Lacrima ci sembra troppo.
Confrontando la spendibilità della stessa cifra sul panorama enologico nazionale...non si può' non concordare.

Dunque in conclusione, una visita con più' ombre che luci.
Forse un primo approccio troppo confuso e troppo frettoloso con questa cantina e con il vitigno Lacrima, non ha facilitato la scoperta dei prodotti che ci sono stati offerti.
Da rilevare la gentilezza e la cortesia della signora che ci ha seguito, nonostante avesse un bel raffreddore da cavallo e la cantina piena, non si è tirata indietro e ci ha dato tutte le possibili spiegazioni. Con pazienza e passione.
Disponibilità confermata su tutta la linea: negli assaggi, nel cambio bicchiere, nel preparare le confezioni che comunque abbiamo comprato alla fine della visita.
Per questo e per la fama che i prodotti di questa cantina hanno, ci riserviamo di tornare, magari con più' calma e con una temperatura più' adatta, a visitarla di nuovo.


Marco.

mercoledì 17 dicembre 2008

Hotel Ristorante Barolo dal 1910.

La mia amica Anna (sommelier responsabile dell’Enoteca Regionale delle Marche di Jesi), quando le ho chiesto dove mi consigliava di dormire a Barolo, mi ha suggerito di andare in questo “Hotel Barolo”, gestito dalla famiglia produttrice di vini “Brezza Giacomo e Figli”: “la costruzione non è bella, ma sta proprio in mezzo alle vigne!” mi ha detto.
Cerco su internet e vedo che l’hotel ha anche un ristorante che promette vera cucina delle Langhe.
Mando una e-mail chiedendo prezzi e disponibilità di stanze. Mi rispondono che a 90 euro prendiamo una matrimoniale con colazione, non mi sembra male, le foto del sito sembrano belle. Prima di andare avevo chiamato 3 volte per vari dettagli della prenotazione e devo dire che i proprietari mi erano sembrati un po’ scortesi, ma, mi sono detta, “li avrò stressati con le telefonate!”.
Invece no: una volta arrivati abbiamo costatato che sono proprio scortesi. O meglio, le donne più giovani lo sono state, basti dire che dopo il check-in per avere la camera ci siamo presentati al ristorante per la cena (meno di mezz’ora) e sembravano non averci mai visto!!


Invece devo dire che la signora che ci ha seguito per la cena è stata deliziosa (come pure il marito quando due giorni dopo ci ha venduto alcune bottiglie di vino).

Ecco quello che abbiamo mangiato e bevuto:
Antipasto della casa composto da un involtino di peperone ripieno di un impasto dagli ingredienti indecifrabili, due fette di bollito di tacchino (o pollo) con salsa tonnata, carpaccio condito con una salsa di olio e acciughe.


Vino – Dolcetto San Lorenzo – Brezza 2005
Tortino agli asparagi con formaggio fuso (gorgonzola, castelmagno, brie, rochet)
Vino – Barbera d’Alba Santa Rosalia – Brezza 2005.


Agnolotti del plin ripieni di carne e verdure conditi al burro e salvia e al sugo di carne
Vino – Barolo Castellaro – Brezza 2001
Brasato al Barolo con verdure di contorno.


Tris di dolci composto da una pera al barolo, un semifreddo al torrone e una banette (non so se si scrive così, né so se ho capito bene, in sostanza è un dolce al cioccolato)

L’antipasto ci è piaciuto molto, soprattutto il carpaccio che ho mangiato anche io nonostante la carne fosse veramente, ma veramente cruda!! Divino il tortino con il formaggio fuso.
Gli agnolotti del plin ci sono piaciuti di più burro e salvia che al sugo di carne, ma devo dire che erano veramente sfiziosi. Il brasato al barolo l’ha preso Marco a cui è piaciuto moltissimo; io l’ho assaggiato da lui, ma devo dire che non mi ha entusiasmato.
Il tris di dolci è stato favoloso!
Veniamo ai vini.
Brutto a dirsi soprattutto per una sommelier, ma, come forse molti di voi avranno capito dai post di fine settembre 2007, non avevo mai assaggiato il Barolo (e nemmeno Marco).
Devo dire che il Barolo Castellaro 2001 ci è piaciuto tantissimo.
L’azienda Brezza è una delle più antiche produttrici della zona e, come mi era stato consigliato da Marco (Melmo’s Staff), abbiamo voluto fare il primo assaggio di Barolo da coloro che lo fanno in maniera tradizionale. Ebbene, questo assaggio ci ha impressionato positivamente.
I profumi non troppo intensi a dire la verità, ma qualitativamente buoni, un vino di buon corpo ed equilibrato.
Soprattutto il Barolo, ma anche il Dolcetto, li abbiamo trovati molto persistenti in bocca e di lunga durata al palato. Mai troppo tannici, dal colore rosso rubino inteso con riflessi marcatamente granati il Barolo, pieno il Dolcetto. Non abbiamo fatto la scheda Melmo, ma posso dire che il Barolo starebbe intorno agli 85 punti, mentre il Dolcetto sugli 80.
Il Barolo era lunghissimo. La persistenza in bocca durava tantissimo cosa molto piacevole tenendo conto della qualità fine del vino.
Ci è piaciuto molto meno il Barbera (tra i 60 e i 65 punti della scheda considerando tutto), anche se devo dire la verità, alla fine del calice era talmente cambiato che probabilmente se avessimo avuto la bottiglia intera lo avremmo apprezzato di più.

La cifra finale per 2 antipasti, 2 primi, un secondo, un dolce, 5 calici di vino, 1 bottiglia d’acqua, più coperto: 70,50 Euro.

Giudizio complessivo. Logisticamente è un ottimo posto e il panorama la mattina quando si scende e si vedono le vigne è bellissimo.


L’albergo ha un’ala vecchia ed un’altra nuova che forse ora hanno completato
visto che un anno fa alcune stanze erano già accessibili. Devo dire che noi non ci siamo trovati bene, forse perché eravamo nell’ala vecchia (ma per noi prendere la parte peggiore degli alberghi è un classico): la nostra stanza era un po’ cupa, con un letto scomodissimo con il buco al centro e le pareti nemmeno lontanamente insonorizzate, devo dire l’esatto contrario.
Un’altra cosa che ci è piaciuta poco è stato l’atteggiamento dei gestori più giovani: più che scortesi li definirei infastiditi e completamente avari di sorrisi.
La cantina è molto carina anche se piccolina.
Noi abbiamo acquistato dal proprietario anziano che è stato carinissimo.


Non so se consigliare il ristorante perché non ne abbiamo provati altri in zona, ma se vi capita di essere da quelle parti e non sapete dove andare perché – come noi – non conoscete la zona, potete provare al Ristorante Brezza perché si mangia bene e, cosa molto positiva almeno per noi, si può cenare scegliendo di consumare diversi vini al calice.


Brezza – Ristorante in Barolo dal 1910
Via Lomondo 2 – 12060 Barolo (CN)
Tel. 017356191
www.hotelbarolo.it


Emanuela.

martedì 16 dicembre 2008

Biografie Enogastronomiche: Totò


Oggi parliamo degli "appetiti" del grandissimo Antonio de Curtis (fonte: taccuinistorici.it)!
Antonio de Curtis si mise in luce nelle serate di trattenimento della piccola borghesia napoletana, e successivamente nel teatro di varietà, nella rivista, e nel cinema.
Totò amava mangiare e aveva culto della buona tavola, anche in ricordo dei duri anni di gavetta in cui aveva patito la fame. Non c’è da stupirsi, quindi, che avesse elaborato diverse ricette per la gioia del suo palato, di quello dei familiari e degli amici fidati. Il suo credo era: “A tavola si capisce chi sei e con chi hai a che fare”, e la figlia Liliana con il libro: “Fegato qua, fegato là, fegato fritto e baccalà”, ci svela i segreti della famiglia de Curtis, tramandati di generazione in generazione per mezzo di un quadernetto nero. Secondo Totò, ogni cibo andava curato nella sua semplicità.
Se decideva di mangiare pane ed olio, entrambi gli ingredienti dovevano essere di prima scelta e consumati ad una tavola bene apparecchiata, perché secondo lui l’occhio e lo stomaco avevano uguali diritti.
Alla tavola del “principe” fiorivano battute in libertà e venivano raccontati aneddoti esilaranti, come ad esempio quello di Totò ed Eduardo De Filippo.
Entrambi all’inizio della carriera, nel corso di una turnée teatrale assai poco redditizia, si ritrovarono a dare la caccia a un piccione.
Affamati, come sempre, mentre stavano provando in un teatro scalcinato, videro un piccione svolazzare qua e là. Guardarsi negli occhi e decidere tacitamente di catturarlo fu tutt’uno. Bisognava agire con discrezione, in modo che i compagni di lavoro non notassero la preda.
Eduardo e Totò uscirono all’aperto con la scusa di voler prendere una boccata d’aria e, con la forza della disperazione, riuscirono ad acchiappare il malcapitato pennuto. Quindi, si precipitarono nella locanda più vicina per farlo cucinare aspettando trepidanti che fosse cotto.
Il piccione arrostito a puntino risultò squisito, ma Totò dopo un paio di bocconi si intristì per la pena di aver stroncato una vita.
Eduardo lo interruppe dicendo: “Ma famme ‘o piacere, co ‘a famme ca tenimmo, tu te metti pure a chiagne”.
Al che Totò asciugandosi le lacrime replicò: “Eduà sei un grande saggio, perché mi hai fatto capire che cuore e stomaco non sempre vanno d’accordo.
La fame giustifica i mezzi e tu lassa sta’ a parte mia d’o piccione!”.
Ecco delle battute prese da alcuni film di Totò:
-Io il caffè lo metto nel mezzo litro: mi piace il caffe' corretto. (Il medico dei pazzi)
-Le salsicce viennesi, sì, mi piacciono. Si deglutiscono con maggiore facilità di quelle di Norcia, a patto che non siano sigari toscani. (Toto' cerca moglie)
-Sono ghiotto di ossobuchi, ma mangio solo il buco perché l'osso non lo digerisco. (Fifa e arena)
-Io la cena fredda la lascio riscaldare: a me la cena fredda piace calda. (Totò, Peppino e i fuorilegge)
-Il vino bianco va servito assiderato. (Siamo uomini o caporali)
-Fegato qua, fegato la', fegato fritto e baccala'. (Toto' contro Maciste)

Stefano.

lunedì 15 dicembre 2008



Anche quest'anno il Coro Ottava Nota ci fa gli auguri canterini.
Qui sotto trovate tutte le informazioni necessarie.
Ci aspettano a Frascati venerdì 19 ore 20.30.
Mi raccomando: dite che siete raccomandati dal Blog, anche se l'ingresso è libero.
E se proprio qualcuno vi dice qualcosa voi dite: "Lei non sa chi sono io...".

Scuderie Aldobrandini -Frascati
Venerdì 19Dicembre 2008 - ore 20,30

Coro “Ottava Nota” dell’A.M.C.R.
Direttore Fabio De Angelis
Coro “Schola cantorum Basilica S. Clemente”
Direttore Mario Bassani
Coro “Laeti Cantores”
Direttore Angelo Gubbini
Ingresso libero Direzione Artistica PAOLA SELCI

Stefano.

Prosecco = spumante italiano?



Andando in giro mi accorgo sempre più che il prosecco sta diventando per antonomasia sinonimo di spumante italiano.
L'antonomàsia, secondo wikipedia, è la figura retorica che si ha quando ad un nome si sostituisce una denominazione che lo caratterizza. Celebre è il caso della Perpetua, che da personaggio dei promessi sposi è diventata l'assistente del parroco di paese.
Nella produzione di beni di consumo, questa situazione si è diffusa a metà del secolo scorso quando è cominciata la produzione di massa: casi celebri sono lo scotch, che è in realtà il nome della più celebre azienda produttrice di quello che dovrebbe essere identificato come "nastro adesivo, e i "Kleenex", utilizzati per indentificare i fazzoletti di carta.
Chiaramente quando si arriva a questo livello di identificazione è uno straordinario risultato per il produttore ma lo è meno per i concorrenti e per i consumatori appassionati.

Dopo questo dotto excursus, volevo far vedere che conosco un paio di figure retoriche, ritorno al problema sopra enunciato. Perchè problema? Ora vengo e mi spiego.
Il problema è che sotanzialmente nell'immaginario collettivo le parole spumante e prosecco sono equivalenti. Poco prima dell'estate mi è capitato si sedermi in un locale per un aperitivo. Siccome all'ingresso facevano bella mostra di se delle bottiglie di champagne, ho avuto l'ardire di chiedere se avevano spumante anche al bicchiere.
Risposta del cameriere: "Prosecco!".
E io: "no, a parte il prosecco".
E lui, dopo qualche secondo con la faccia interrogativa: "Ma perchè, ti piacciono gli spumanti italiani?".
La prima cosa che volevo fare era chiedere se sapeva con che uve è fatto il prosecco (solo per coglierlo in castagna...), ma poi ho soprasseduto e mi sono limitato a dire: "si, comunque lasciamo perdere".
Ho raccolto un po' le idee e ho pensato che lo spumante italiano si sta sempre più identificando con il prosecco, cosa che ritengo non solo ingiusta ma anche sconveniente.
Intendiamoci, il prosecco se ben fatto è un discreto spumante, specie se è di Cartizze, e sono contento del successo che ha anche sui mercati internazionali, ma lo spumante metodo classico italiano è tutt'altro mondo.
E' vero che i gusti sono gusti, ma penso che sia difficile smentire quest'affermazione.
Diciamo che se la gente comune non può essere obbligata a conoscere la differenza, penso che chi lo somministra lo debba invece sapere. Specie se fa lo sborone con lo champagne in vetrina.

Insomma, quel che mi fa pensare non è che si dica "andiamo a farci un prosecchino" senza sapere di che si tratta, ma che siano quasi sconosciuti gli spumanti metodo classico italiani a maggior ragione quando si parla dell'estero.
E che un addetto ai lavori mi faccia delle domande del genere.


Stefano.

sabato 13 dicembre 2008

Wine music.

Guardate questo bellissimo filmato:

venerdì 12 dicembre 2008

Ser Gioveto 1993, cantina Rocca delle Macie.

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Anzitutto ringrazio Loredana, che ha avuto la bella idea di tirare fuori dal cilindro questo gran bel vino, durante una cena organizzata a casa sua.
Si tratta del Ser Gioveto, anno di grazia 1993, della casa Rocca delle Macie.
E' un Sangiovese in purezza, frutto di sole uve selezionate.
L'apertura mi ha fatto un po' paura, perchè il tappo era andato nel mezzo e si è rotto mentro provavo ad estrarlo.
Ho dovuto pertanto scaraffarlo, rischando la botta di ossigeno.
Però, a parte una puntina di amarognolo fuori luogo, il vino ha retto al tempo e alle intemperie.

Colore: bel rosso granato, con qualche nota mattonata. Al naso immancabile frutta rossa matura e il balsamico della barrique. Ottime note speziate, pepe in particolare. Il profumo è particolarmente complesso e si apre man mano che passa il tempo, diventando anche abbastanza intenso.
La rosa dei profumi è sicuramente di rilievo.
In bocca l'ingresso è un po' spigoloso e tannico all'inizio, ma pian piano si ammorbidisce quel tanto che basta per apprezzarne l'ottima corrispondenza con il naso.
Molto equilibrato nelle componenti alcoliche e tanniche, una ampiezza di rilievo.
Finale non eccessivamente lungo, come sangiovese comanda.
In sostanza mi è piaciuto molto, specie in bocca.
Il residuo del tappo andato si sentiva appena concentrandosi, ma non ne ha alterato la mirabile complessità dei profumi e dei sapori.

Grazie ancora a Loredana, per aver "sacrificato" il pezzo per la cena!


Stefano.

giovedì 11 dicembre 2008

Biografie Enogastronomiche: Lucullo.


Oggi vi voglio raccontare qualche aneddoto di Lucullo, un personaggio romano celebre per le mangiate. Anche se poi nella vita ha fatto altro.
Chissà che non diventi una bella rubrica periodica, dedicata alla biografia di personaggi enogastronomicamente di rilievo?
Chiaramente non racconteremo tutta la biografia, ma solo argomenti che sono in tema e tono con il nostro blog.
Buona lettura.

Lucullo naque nel 106 a.C. da una famiglia aristocratica, ma povera e soprattutto malfamata.
Si tramandano parecchi aneddoti, alquanto celebri, sulla figura di quest'uomo. Cicerone e Pompeo riuscirono a farsi invitare a cena a casa di Lucullo, ma gli proibirono di farne parola ai cuochi.
Erano curiosi di sapere come mangiasse il loro anfitrione quando si trovava da solo.
Ma Lucullo li lasciò di stucco: ordinò che i suoi servi gli imbandissero la tavola nella stanza d'Apollo, e - poiché gli schiavi già sapevano precisamente a quali tipi di cibo fossero adibite le varie sale da pranzo - Cicerone e Pompeo mangiarono le più squisite di tutte le pietanze. Un'altra storia narra che, avendo sentito che il padrone non avrebbe avuto invitati per la serata, un servo imbandì la tavola solo per uno.
Lucullo lo rimproverò dicendo: "Cosa?! Non sai dunque che oggi Lucullo cena con Lucullo?".
Fu anche il primo a portare in Occidente la pianta del ciliegio e dell'albicocco.
Lucullo visse nel lusso più sfrenato fino alla sua morte, nel 57 a.c., avvenuta probabilmente per una 'overdose' di quelle droghe, pozioni, e filtri d'amore ai quali era assuefatto e che un liberto gli somministrava giornalmente.

Stefano.

mercoledì 10 dicembre 2008

Cena all'enoteca regionale delle Marche

Pubblichiamo il video della cena all'enoteca regionale delle Marche, svolta l'8 novembre 2008, durante la due giorni enogastronomica di Jesi, a cura degli Enogastrofili!

Visite alle cantine di Jesi.

Presentiamo il video delle visite della due giorni enogastronomica di Jesi dell'8 e 9 novembre 2008.




Le aziende visitate sono state:
- Colonnara;
- Bonci Vallerosa;
- Piantate Lunghe;
- Moroder.

martedì 9 dicembre 2008

Roma nel Piatto 2009...



Ci giravo intorno da parecchio...alla fine l'ho comprata.
E devo dire che ho fatto un bell'acquisto.
Una guida sintetica, originale, simpatica, giovanile...non proprio da intenditori, ma da ammiratori.
Nelle dimensioni anche molto pratica.
Tanti i locali recensiti:302 ristoranti, 60 pizzerie, 72 locali per fare l'aperitivo e 48 etnici.
Per un panorama d'insieme che ci fornisce sempre qualche posticino buono per mangiare ovunque ci si trovi nella Città eterna.
Una guida buona per noi, ma che sarebbe da consigliare anche al turista che arriva in Città per la prima volta.
Per ogni locale, insieme ad una sommaria descrizione, c'è il giudizio della guida (con un importante confronto anche con l'anno precedente) espresso in decimi, il prezzo medio e un'indicazione di quanto potrebbe costare il vino in quel locale.



A mio giudizio è una guida validissima, fatta con il piglio del cliente appassionato.
E per questo motivo mi piace e ve l'ho voluta "raccontare"...

Ah,dimenticavo: costa 9,90 euro.


Marco.

lunedì 8 dicembre 2008

La Carbonara...questa sconosciuta!


Vi siete mai chiesti perchè la carbonara si chiama così? Beh, io si e ho fatto qualche indagine che vi propongo di seguito (grazie a Wikipedia).
Taluni imputano le origini della carbonara a Roma, altri le collegano ai carbonai dell'Umbria, c’è invece chi ne attribuisce la paternità ad Ippolito Cavalcanti, nobile napoletano che ne aveva pubblicato la ricetta in un suo libro.

Altri dicono che sia legato agli aderenti ai moti carbonari e che sia stato inventato da loro, nei nascondigli essendo ingredienti molto facili da trovare.
Il telegiornale Studio Aperto il 18 settembre 2008 ha riportato la notizia che il piatto sarebbe stato inventato durante la seconda guerra mondiale a Riccione dallo chef Renato Gualandi che ispirato ad un piatto della cucina slovena lo avrebbe rielaborato a suo modo per utilizzare la pancetta e le uova comprate al mercato nero dal reggimento canadese che il 22 settembre 1944 si recò a pranzo presso l'hotel nel quale era cuoco (Hotel Des Bains) per un pranzo-riunione.
Questa ipotesi sarebbe del resto avvalorata dal fatto che non esiste alcuna testimonianza letteraria dell'esistenza di questo piatto prima del 1944, e che a Roma esso era sconosciuto prima della seconda guerra mondiale. Questa teoria è però criticata da molti chef ed esperti del settore.
Arcangelo Dandini, noto ristoratore romano ed erede di una storica tradizione, commenta così la questione: "Il giorno dopo l'intervista a Gualandi, la stessa troupe di Italiauno mi fece una controintervista, dove ho potuto fare chiarezza su questa vicenda.
La carbonara è l' evoluzione del piatto che anticamente si chiamava cacio e ova, di origine Laziali e Abruzzesi, che i carbonari usano portare nei loro "tascapane", preparati anche il giorno prima e consumati freddi, con il solo utilizzo delle mani (uguale per la cacio e pepe quando non avevano le uova). Le fonti? Mia nonna che era una cuoca professionista, nata ai primi del novecento che aveva appreso queste notizie da sua nonna anch essa cuoca etc etc, mi parlava di questo piatto che negli anni cinquanta nella sua trattoria di Rocca Priora(RM) cominciavano a chiedeglielo con il guanciale oppure, orrore, con la pancetta, spiegandomi che gli Americani avevano aggiunto questo ingrediente che confondevano per il loro bacon (poiché una volta si affumicavano anche i guanciali al fumo dei camini) e che fa tanto prima colazione Americana."
Un'ipotesi sul nome è infine collegata alla presenza del pepe nero macinato sopra il piatto di portata che ricorda la polvere di carbone, cosa verificatasi ai lavoratori delle miniere quando preparavano questo piatto, dagli ingredienti facilmente reperibili per l'epoca, nel passato molto diffuso nei quartieri popolari dove si ritiene sia l'origine del piatto.
Nel ricettario romano sono entrati così, nel tempo, molti piatti e tecniche di cottura provenienti da altre tradizioni gastronomiche, italiane e non, che hanno poi finito per essere contaminate dalla secolare e schietta cucina romana. I romani infatti hanno sempre snobbato manipolazioni dei cibi troppo complicate o raffinate e hanno puntato invece alla conservazione di una cucina popolare e rustica: la cucina delle origini della grande Roma, legata alla pastorizia ed ai prodotti della terra.
È noto infatti l'amore sviscerato dei romani per i primi piatti di pasta.
Un robusto piatto di rigatoni, bucatini o spaghetti è l'inizio ideale per ogni tipo di pranzo.
Anche in questo caso gli abitanti della capitale hanno recepito le tradizioni dei loro antichi progenitori che mangiavano il laganum, fatto con acqua e farina e cotto con una tecnica sconosciuta.

Insomma, di tesi ce ne stanno tante, più o meno credibili.
Io propendo per quella di Arcangelo, perchè è il mio ristorante preferito!

Stefano.

sabato 6 dicembre 2008

Via delle Oche, di Carlo Lucarelli.



Terzo appuntamento con il Comm. De Luca e terzo appuntamento con Carlo Lucarelli.
Che dire ?
Confermo la mia simpatia per il personaggio e le sue storie, così come confermo la mia simpatia per Lucarelli scrittore.

De Luca è tornato in servizio, il fascismo è ormai alle spalle e si sta per votare: corre il mese di aprile del 1948.
Lui ora è vice commissario della buoncostume.
Ma è sempre un'impresa tenerlo buono e fermo dentro binari troppo stretti...
Di piu' non dico.
A me il libro è piaciuto, vola via velocemente e alcune descrizioni sono semplicemente fantastiche.

Spero che lo scrittore ci regali a breve altre storie del Commissario De Luca.

Consigliato.


Via delle Oche, editore Sellerio, prezzo 10 euro.


Marco.

venerdì 5 dicembre 2008

La cucina napoletana a casa tua




Oggi lasciamo spazio a Pasquale Livieri, che ci presenta la sua offerta per passare delle festività natalizie con un po' campania nel palato!
Si tratta della possibilità di acquistare previo ordine i piatti che saranno descritti sotto.
Non perdetevi questa occasione e mettetevi in contatto con pasquale.
Per la descrizione dei piatti in oggetto, vi rimando ai sempre attualissimi post di Francischiello 'O Prufessore

Mò viene Natale ... cantava Renato Carosone nel 1955 e già in quegli anni mio padre preparava i dolci per le feste ai familiari.
La fase più difficile per un’ottima preparazione, quasi come per il presepe, era e rimane la scelta degli ingredienti, ognuno con una caratteristica ben precisa I formaggi e i salumi per i rustici e ricotta.

Per le prossime festività ho deciso, vista la crescente richiesta di amici e colleghi di mettere le "mani in pasta" e rispolverare le ricette di famiglia per riproporre sulle tavole imbandite a festa piatti tipici della cucina partenopea.

Protagonisti di aperitivi o antipasti saranno:

il Casatiello
la Pizza Rustica
il Babà Rustico

Per chiudere il pasto invece allieterà il palato:

gli Struffoli
la Pastiera
la Caprese


I vini per l'occasione possono essere diversi, ma sempre e comunque legati al terroir di quella che fu la Campania Felix.

Per info
Pasquale Livieri
neapolitan.cook@mclink.it

giovedì 4 dicembre 2008

Ricetta di un'infanzia spensierata.

Spesso, quando i problemi del lavoro e la quotidianità frenetica che vivo ora sembrano inghiottirmi e rendere tutto troppo difficile e complicato, ripenso a quando ero una bambina…



Sono nata e cresciuta in una cittadina marchigiana di circa 40.000 abitanti.
I ricordi che ho sono legati in qualche modo ad un odore o ad un sapore, ma sempre e comunque a qualcosa da mangiare. Quando facevo le scuole elementari aspettavo l’estate con un turbinio di emozioni sempre crescenti; era per la libertà che avevamo anche se allora non ne ero certo consapevole.
Mio fratello ed io andavamo a giocare a casa dei nonni di due amici con i loro cugini. Era stata una casa patriarcale di campagna, ma in pieno centro città.
Il padre dei miei due amici era l’ultimo di dodici figli e gestiva la ditta di famiglia che ha sede nella vecchia casa dei genitori, una casa grande con tante stanze per tutti questi figli e con un cortile nel retro pieno di galline e piccioni tutti nei loro gabbioni e con alcuni alberi sui quali ci potevamo arrampicare. Essendo l’impresa di famiglia una ditta di combustibili, lì nel retro c’erano dei vecchi camion per il trasporto del carbone abbandonati ai giochi di noi bambini e dei bambini di questa grande famiglia che ci avevano preceduto.
Per noi era un enorme mondo fantastico in cui creare avventure sempre nuove.
A me piaceva tantissimo cucinare con degli ingredienti un po’… come dire … particolari … come la terra, i fondi del caffè – che sarebbero dovuti servire nell’idea della zia per concimare le piante e che noi puntualmente “rubavamo” quando andavamo a “fare la spesa” – l’erba e i trifogli del prato, i sassi e il mais che sarebbe dovuto servire come mangime per le galline.
Adoravamo le merende che ci preparava mia nonna prima di andare in questo posto magico a giocare e quelle che la zia dei miei amici ci preparava una volta arrivati là….e sì, facevamo tante merende, ma nessuno di noi era in sovrappeso!



Le mie due merende dell’estete erano:

PANE SALE E OLIO E PANE VINO E ZUCCHERO

Le ricette sono semplicissime. Si prende del pane – meglio se del giorno prima. Si fanno delle fette spesse tre dita, ma chiaramente la parte migliore è il fondo del pane (“il culetto” come lo chiamavamo noi) perché lo si può portare fuori senza dover stare troppo attenti che la fetta si spezzi, in modo che così non si perde il ritmo del gioco e nello stesso tempo si continua a fare merenda.
Le fette si passano velocemente sotto l’acqua fredda per ammorbidirle e poi si condiscono. Le due varianti sono con olio di casa in quantità e sale oppure con lo zucchero e, se eri un pochino più grande anche con una spruzzata di vino bianco, sempre di casa ovviamente.


Adesso che sono cresciuta la passione per la cucina, prevalentemente trasferitami da mia mamma, mi è rimasta eccome e quando torno a casa dall’ufficio, anche se sono stremata e psicologicamente esausta, spesso e, soprattutto, volentieri mi metto ai fornelli.
Poi, quando mi sono laureata 6 anni fa, ho chiesto ai miei genitori un regalo un po’ particolare forse dovuto proprio al pane vino e zucchero: sono diventata sommelier per passione!

Emanuela.

P.S.: il bimbo nelle due foto è mio fratello Gabriele, mentre io sono la ragazzina un po’ seria all’estrema destra della prima foto.

mercoledì 3 dicembre 2008

Emozione Dorico...anno 2000.



La visita alla Azienda Agricola Moroder è stata una perla nella due giorni che gli Enogastrofili hanno organizzato lo scorso 8 e 9 novembre.
In verità noi del Melmo ci eravamo già occupati di questa azienda in passato, ma questa volta oltre a visitare la cantina siamo stati anche ospiti del ristorante Aiòn.
Il ristorante è stato realizzato nei locali di un casolare del '700, ovviamente ristrutturato, dove è più' facile sentirsi a casa che sentirsi ospiti.
Un mix di cucina basata su sapori marchigiani, ingredienti prodotti in azienda e originalità e cortesia hanno fatto di quel pasto, un pranzo da ricordare.
Ma non di questo voglio parlarvi oggi.
Bensì di un vino che ho avuto modo di ribere e riapprezzare: Il Rosso Conero Riserva Dorico dell'anno 2000.
Questa riserva, che a partire dall'anno 2004 è diventata anche D.O.C.G., è ottenuta dalla rigida selezione di uve montepulciano e dall'uso non esagerato di legni di diverse essenze e provenienze che danno al prodotto finale una originalità più' unica che rara.
Prodotto con uve montepulciano 100% si presenta con un color rosso rubino,appena appena granato.
Il naso è lungo, particolarmente gradevoli per il sottoscritto il tabacco, il cuoio e la mora.
Come alcolicità, se non ricordo male, siamo sui 13,5 gradi.
Per me non è una scoperta, ma una conferma.
Partendo dal 1995 metto quest'annata sul podio dopo il 1998, che però dovrebbe già essere in involuzione vista l'annata torrida, e soprattutto il 2001 che considero il piu' buono in assoluto tra gli assaggiati.
E' l'unico vino buono marchigiano che sa di Marche, non so se mi spiego.
La regione esprime indubbiamente altri super vini, ma nessuno mi sembra sia così buono e allo stesso tempo abbia un collegamento autentico con il territorio di produzione.



Alcune cose vorrei aggiungere sul prodotto e sull'azienda.
Mi ha fatto particolarmente piacere il, seppur breve, confronto con il patron dell'azienda in cantina.
Benchè sudato e pieno di cose da fare non si è sotratto ad un breve, ma significativo scambio di opinioni.
Non capita tutti i giorni questa disponibilità e la sottolineo con piacere.
Altra cosa...che spero venga tenuta a mente dal patron, anche se le mie tasche ne risentiranno.
Il Dorico costa troppo poco, soprattutto le annate vecchie.
Pur contento di poter dire che è uno dei pochissimi vini che negli ultimi 24 mesi non è aumentato, mi rendo conto che il prezzo per la riserva è troppo basso.
Sollecito un adeguamento a breve che porti questo vino ad un livello di prezzo adeguato alla generosità che esprime il prodotto.


Marco.

martedì 2 dicembre 2008

La domenica che non ti aspetti...

Questo è uno dei tre o quattro articoli che stanno in cantiere nella mia mente da circa un anno.
Lo so, principalmente sono una lavativa; potrei portare la motivazione che ho tante cose da fare, a volte 3 lavori, la casa, me stessa (sì esisto pure io e ogni tanto me lo devo ricordare) e quando torno a casa dopo 10 ore davanti al PC non mi va di riaccenderlo, ma, diciamo la vera verità, spesso mi manca la voglia.
Dovrei avere un chip direttamente collegato dal cervello ad un computer, perché man mano che mi accadono le cose nel corso della giornata la mia testolina se le racconta e le rivive in continuazione di fatto scrivendo dei veri e propri pezzi virtuali......comunque, tornando a bomba, potrei portare mille motivazioni stavo dicendo, ma una cosa sola mi sento di dire: vedrete, se avrete la pazienza e la voglia di continuare a leggere i miei pezzi, che tutto accade per un motivo.

Ora, per esempio, se avessi scritto questo pezzo nel novembre del 2007, quando ho conosciuto Fabiola e il suo bellissimo mondo, non avrei potuto dirvi tante cose che in questo anno è riuscita a costruire!

Procedo con il racconto.

È novembre, un mese che molti tendono a dimenticare o a far passare così perché non succede niente, ma a me piace tanto perché è il mio mese, sono nata il 26.
La settimana prima del mio compleanno, vengo a sapere di un nuovo negozio aperto a Jesi da poco.
Il posto è fuori mano per i miei giri abituali, ma il negozio mi incuriosisce molto e vado a vederlo.
Il negozio si chiama “Cose di tè” e il bigliettino mi promette un posto in cui si può acquistare tutto ciò che ha a che fare con il mondo del tè, niente altro.
Vado.
Il posto è piccolino - ce l’ho presente perché prima c’era un negozio che vendeva cose brasiliane dove ero entrata un paio di volte. Arrivo. Parcheggio. Scendo e mi avvicino. C'è la luce, ma nel negozio sembra non esserci nessuno. Mi affaccio alla vetrina.
Da fuori sembra tutto un altro posto rispetto a come lo ricordavo. Si vede il bianco del pavimento di legno, alle pareti scaffali di barattoli grandi di latta. Nei ripiani teiere di vari colori e materiali, tazzine, tazze, bicchieri e delle confezioni regalo molto carine.
Il primo impatto mi predispone bene, forse pure troppo! Non c'è che dire, saper fare bene il proprio lavoro è una gran cosa e devo fare tanti complimenti all'architetto Susanna Batazzi che ha arredato il negozio di Fabiola perché al primo sguardo mi ha conquistata.



Però, non voglio entrare. Qualcosa me lo impedisce. È il mio solito timore verso le cose nuove: il tè mi piace, se entro mi compro tutto...poi però si capirebbe che non ne so praticamente niente. Mentre faccio tutti questi pensieri, ma va l'occhio su un mini-cavalletto appoggiato in vetrina con una locandina che dice: “Fabiola Ruggiero e lo chef Susanne Dillingham ti invitano ad un evento speciale: English Tea Party: un rito con oltre 200 anni di storia. Vieni a scoprire questa tradizione affascinante, e preparare insieme a noi le antiche ricette.” Segue il menù, il costo e la data: Domenica 25 novembre delle 17:30. Controllo il numero per prenotare, è lo stesso del bigliettino. Vado via.
Dal negozio a casa non faccio che pensare che vorrei proprio andarci. Solo che odio far le cose di domenica senza Marco quando siamo tutti e due a casa e lui non ci verrebbe, già lo so...se era in enoteca magari sì, ma qui proprio no...e poi da sola...qualcuno potrebbe mangiarmi viva!!!! Mamma! La chiamo, la convinco e telefono....facciamo che è un regalo per il mio compleanno (lo so lo so, è da pazzi, ma a me serve sempre una giustificazione per spendere dei soldi senno' mi sento sempre profondamente in colpa).
Arriva domenica 25. Mi chiama mamma. Ha avuto un incidente domestico (lacerazione della cornea!!) e non può uscire di casa. Mi accerto che comunque stia bene e lei stessa mi sprona ad andare. Mi armo di coraggio e vado (da sola in mezzo a degli sconosciuti...sicuramente qualcuno mi mangerà con tutti i vestiti!!).

Entro e mi accoglie una ragazza sorridente e dal viso gentile.
È proprio Fabiola che poi mi presenta Susanne, la chef della serata che altro non è che...una ragazzina!


Poi mi portano nell'altra stanza e vedo una cosa che mi manda in brodo di giuggiole. E cioè questo.



Mi sembra di essere entrata in uno dei libri di Jane Austen, allora i sogni diventano pure realtà?!?! Alzo gli occhi e non capisco perché le donne portano i jeans e non i corsetti e perché gli uomini presenti hanno i maglioni di lana e non il panciotto e il sigaro!!
Comunque, passato questo momento di disappunto, mi rendo conto che sono tra le prime ad essere arrivata e mentre aspettiamo chi ancora manca, Fabiola ci offre un aperitivo.
E qui vorrei riaccreditarmi agli occhi di quanti da quanto hanno iniziato a leggere stanno pensando cose del tipo “ma tu guarda questa....è pure sommelier...e si inflippa con il tè”, oppure “ma che leggo a fare qui non c'è niente di vagamente alcolico che poi si può replicare!”. E invece no. Cosa ci offre la mitica Fabiola come primissima cosa? L'Earl Grey Martini, ovvero il cocktail appositamente creato per la Regina Madre a Tallin in Estonia da un celebre hotel: il Three Sisters hotel. Una cosa spettacolare di cui alla fine del post vi metto le dosi.

Siamo tutti e inizia il pomeriggio.
Fabiola ci fa una premessa storica sulla cerimonia del tè inglese e nel corso della serata ci illustra con tanta competenza quanta passione tutti i tè che degustiamo spiegandoci i “segreti” per una perfetta preparazione di ciascuno, le differenze, la storia e gli abbinamenti. È un po' emozionata e a tratti le trema la voce, ma siamo tutti così attenti ed interessati che presto tutto diventa una chiacchierata tra amici. Veniamo a sapere che il tè è stata una grandissima forma di emancipazione femminile perché le foglie di questa bevanda erano considerate preziosissime (erano molto costose), ma solo la padrona di casa aveva diritto a possederlo custodendolo nascosto sotto chiave in camera da letto.
Scopro che i tè verdi, i bianchi e i gialli (di cui ignoravo proprio l'esistenza) sono i più delicati e non fanno fermentazione, mentre quelli fermentati possono fare più di una infusione.
Fabiola ci spiega anche come deteinare in maniera naturale il tè (ma ve lo dirò solo su esplicita richiesta!)
Beviamo e mangiamo:
- Brownies al Tè Nero
- Cheese Scones
- Croccante di Cheddar al Tè di Ceylon
- Sponge Cake al profumo di Dark Vanilla
- Fantasie di Sandwiches alla moda Anglosassone
- Cioccolatini all'Earl Grey Fiore Blu
- Tè Earl Gray Fiore Blu
- Tarry Lapsang Souchong (un tè cinese affumicato da abbinare con il salato)
- Tè alla vaniglia (che credo fosse la fantasia che si chiama Kashmir)


Nel corso della serata passiamo dalla sala degustazione alla cucina dove Susanne – che è incredibilmente simpatica e bravissima, sembra a tratti un cartone animato – ci fa vedere il procedimento per realizzare i buonissimi cibi che stiamo degustando.



E' stato proprio un bel pomeriggio, sicuramente inaspettato.



Da quella domenica il negozio di Fabiola è una tappa fissa per me anche perché lei è una persona meravigliosa che ha una cosa che le invidio tantissimo e cioè la passione per il lavoro che fa. Mi ha raccontato di venire dal mondo del marketing e di aver lavorato per importanti gruppi marchigiani che sono internazionali. Per uno di questi ha lavorato e vissuto a Parigi dove ha approfondito la passione e la conoscenza del tè. Ha avuto la magnifica idea – e il coraggio – di trasformarla in una attività con cui viverci, di aprire questo che sto continuando impropriamente a chiamare negozio. In realtà, come lei stessa lo definisce “Cose di tè” è un aTèlier dove si possono acquistare i Tè (nella sua lista divisa per categorie ne ho contati 93 più quelli tematici che si possono trovare solo in determinati periodi dell'anno – come i meravigliosi Tè di Natale che hanno fatto la felicità di amici e parenti lo scorso anno), si possono fare le degustazioni (ogni giorno Fabiola prepara un Tè diverso da offrire a chi la va a trovare) e in cui diffonde la cultura del Tè. Fabiola infatti ha creato e organizzato tutta una serie di iniziative culturali, e gastronomiche legate al Tè e ai suoi abbinamenti, oltre a proporre eventi ad hoc per le aziende della zona (che sono tra l'altro molto apprezzati).
D'altra parte il “claim” di cose di Tè è “the beauTEA leaves experience” che in italiano Fabiola ha voluto fosse “Infusioni di Piacere”.
Dal canto mio vi invito a visitare il sito web dell'aTèlier che è www.cosedite.it dove potete anche acquistare on-line i Tè in degustazione.

Il post è iniziato con il racconto di una esperienza passata ed è proceduto con le attività quotidiane di Fabiola e della sua passione.
Vorrei concludere raccontandovi qualcosa del futuro, prossimo. Sabato 18 ottobre nell'aTèlier di Fabiola c'è stata una troupe di Italianfoodnet, la prima webTv al mondo interamente dedicata alla cultura enogastronomica italiana, che ha realizzato un servizio per la creazione di un canale internazionale interamente dedicato al Tè. Trovate maggiori notizie nel sito di Cose di Tè (http://www.cosedite.it/rassegna_stampa.php?id_rassegna_stampa=8). Mi aveva invitato a partecipare, ma purtroppo ho avuto da fare una cosa tanto brutta quanto improvvisa e non sono potuta andare.

Concludo qui. Se poi passate da Jesi, datemi una voce e sarò ben felice di accompagnarvi da lei, e, come promesso:




EARL GREY MARTINI
Ingredienti:
tè Indiano Earl Grey Fiore Blu Martini Bianco (che, per chi non lo sapesse è un Vermuth, cioè un vino aromatizzato)
una fettina di arancio per la guarnizione

Fare il tè – mi raccomando seguendo le due regole fondamentali che sono il tempo di infusione e la temperatura dell'acqua che potete trovare alla fine del post – e lasciarlo raffreddare.
Mescolare 1 parte di tè e tre parti di Martini bianco, aggiungere del ghiaccio se si vuole e servire come aperitivo.
Chiaramente rispetto alla ricetta originale si possono variare le dosi:
2 parti dei due ingredienti oppure 3 parti di uno e 1 dell'altro, dipende da 1. quale è il sapore che vi piace di più sentire e 2. quanto volete farlo alcolico.

P.S. Per chi non può fare a meno dell'alcol Fabiola mi ha spiegato come molti tè si abbinano benissimo con alcuni liquori. Ad esempio il tè affumicato che ho degustato quella domenica può essere tagliato con il whiskey, mentre quello alla vaniglia può essere corretto con il Burbon.

Tempi e Temperature di Infusione
Te' Nero 95° 2-3 min
Oolong 90-95° 3-5 min
Te' Verde 80-90° 2-3 min
Te' Bianco 70-85° 3-4 min
Infusi 95° 10-15 min





Emanuela.

lunedì 1 dicembre 2008

Poggio alle Mura 1999, Banfi.


Ah…già m’immagino i commenti.
Banfi di qua, Banfi di la’…il gusto americano, l’esportatore leader e tutto il resto.
Via i pregiudizi!
Via le partigianerie !
Cercherò di giudicare questo assaggio per quello che è stato.
E devo dire che non è andato male.
Il Poggio alle Mura 1999 si presenta color rubino profondo e compatto, lascia delle piccole tracce rosse nel bicchiere.
Al naso la prima sensazione è di caffee tostato in contrasto con arance rosse.
In bocca non finisce piu’.
Lungo, avvolgente, intrigante e sorprendente.
Il tannino sembra di seta tanto è elegante, ma docile e morbido al punto giusto.



Per finire…non so se questo vino sia andato oltre le aspettative perché mi aspettavo poco, però se dobbiamo giudicare sempre e solo dal bicchiere: questo è un buon vino.
Non sarà il migliore, ma è un buon vino.

In enoteca sui 45/50 euro.
Non è poco, anche considerando che allo stesso prezzo si trovano bocce superiori, ma va assaggiato !

Marco.